Marie Kondo ci seppellirà?
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Grazie Marie
Ringrazio tutte le mattine Marie Kondo per il contributo che sta dando all’umanità nel renderci più consapevoli del nostro rapporto con gli oggetti. La grande popolarità che sta avendo la nuova trasmissione televisiva dimostra che – nonostante i molti critici e detrattori – esiste un’esigenza diffusa di fare spazio, alleggerire, semplificare.
Partire dagli oggetti e dagli spazi di casa è – per molti, pare – più facile che affrontare tutti quei piccoli, medi e grandi cerchi aperti, che girano incessantemente nella nostra mente. L’equazione quindi è: libera il tuo spazio per liberare la tua mente.
Un metodo universale?
Il metodo Konmari vuole essere un metodo universale, senza confini di cultura, architettura, abitudini. Qualche giorno fa sono stata all’Ikea e nei carrelli delle persone c’erano sostanzialmente scatole di plastica trasparenti di vari formati o di cartone (addirittura esaurite negli scaffali). E mi sono chiesta: ma siamo sicuri che Marie approverebbe? Cioè, se devo tenere solo quello che mi fa provare gioia, poi lo metto in una scatola e me lo dimentico? O forse sto un po’ barando – intanto Marie non mi vede: in garage non ci vorrai mica solo mettere la macchina?
Guardando le puntate, quello che – da un punto di vista professionale – ho notato è: quando io lavoro con il cliente, sono al suo fianco e lo guido durante il lavoro, cercando di trovare le soluzioni organizzative migliori in quel determinato spazio, in base ad alcuni criteri di uso, abitudini, necessità, che decidiamo passo passo.
Marie invece lascia le persone da sole in tutto il processo decisionale e – soprattutto – organizzativo. Certo, ti insegna a piegare tutti i tipi di indumenti e a riporli in verticale, ma se io ho un armadio con pochi cassetti, come faccio?
Sepolti, con poca gioia
Il 5 gennaio ricevo una telefonata: è una mia cara amica, che aveva deciso di riordinare la sua casa, coinvolgendo marito e figlio di vent’anni.
Tutti a guardare Netflix e poi: rivoluzione! Questo era il piano. Iniziano diligentemente dal primo punto: tirare fuori tutti i vestiti. Per fare questo però dovrebbe esserci spazio per fare la pila da qualche parte: per terra no (le camere sono piccole e soppalcate), sul letto no (dovremmo portare tutti i vestiti sul soppalco) allora facciamo in sala. Presi dall’entusiasmo, tutti portano tutto: vestiti, scarpe, borse, cappelli…perché se lo fanno loro, lo possiamo fare anche noi.
Man mano che le ore di scelta passano, la stanchezza si avvicina, nessuno ha pianificato cosa mangiare, il figlio esce con gli amici ma non ha finito la sua parte (che ormai si è mischiata con quella degli altri), i sacchi si ammucchiano (potevamo dirgli di portare già via qualche cosa)… e con la casa messa molto peggio di prima, arriva lo sconforto e la certezza di non farcela: la tua casa è destinata a rimanere un caos totale e ti senti di non essere capace di seguire delle semplicissime regole.
Dopo questo racconto, mi chiede di aiutarla. Quando arrivo la situazione è seria, ma non grave. Sono abituata a situazioni di accumulo serie e gravi e questa certamente non lo è (se vuoi approfondire questo tema tengo un corso specifico sulla disorganizzazione cronica!). Quello che mi colpisce è come stanno il marito e la mia amica: mi accolgono seduti su un pezzetto di divano rimasto libero, con intorno un numero imprecisato di vestiti e accessori, senza più la forza di andare avanti e soprattutto, senza sapere come andare avanti.
Non è un metodo per tutti
La mia conclusione è questa, senza riserve. Il metodo dipende molto dal tipo di persona che lo mette in pratica. Se lo si vuole applicare partendo da una casa già molto “incasinata” è sicuramente più difficile riuscire ad arrivare al successo. Ci sono molte variabili che vanno tenute in considerazione, non da ultimo la capacità decisionale delle persone e la loro resistenza fisica. Inoltre, non possono essere sottovalutati il tempo che si può dedicare a fare un lavoro di questo tipo e la sua pianificazione.
Ps: comunque mai prendersi troppo sul serio
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