Confini ed Etica – Lavorare con un cliente disorganizzato cronico
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Quando un professional organizer incontra il proprio cliente, inevitabilmente prendono vita almeno due livelli di relazione: quella umana e quella professionale. E’ fondamentale che l’una non si sovrapponga o si confonda con l’altra.
L’ETICA PROFESSIONALE
Andando a leggere il significato di etica il vocabolario ci dice “Ricerca di ciò che è bene per l’uomo, di ciò che è giusto fare o non fare (Sin morale); modo di comportarsi in base a ciò che ciascuno ritiene sia la cosa più giusta || e. professionale, coscienziosità, scrupolosità nel lavoro unite, spec. in alcune professioni, alla riservatezza (Sin deontologia)”.
Quando mi trovo a dover valutare situazioni e abitazioni per proporre un progetto e un piano di intervento ad un cliente, la domanda che mi faccio sempre è se quello che è giusto per me sia giusto anche per il cliente.
Non è raro che mi trovi di fronte a clienti che minimizzano il problema o che lo esagerino. Qualche giorno fa, ad esempio, ho ricevuto una email di una persona che si definiva “quasi sepolta in casa”. Quando ho fatto il sopralluogo ho potuto vedere che la casa era mal organizzata dal punto di vista degli spazi contenitivi: armadi e pensili non erano molto funzionali e capienti, non c’era una libreria vera e propria e tutto finiva per essere stipato in una cameretta nella quale si faceva un po’ fatica ad entrare. Ma la sua percezione era sbagliata e anche ciò che mi aveva comunicato. Ovviamente l’ho rassicurata sul fatto che lei non era un’accumulatrice, e l’ho fatto facendole vedere quello che è uno strumento nel mio lavoro molto importante, perché aiuta a fare delle valutazioni – non solo a me come P.O ma anche al cliente – in modo più oggettivo e meno emotivo: la Clutter Image Rating.
Riportare quanto più possibile la situazione ad una valutazione che non sia sottoposta ad abitudini, stati d’animo o situazioni contingenti, ci fa stare nel livello giusto, dove difficilmente commetteremo degli errori.
Come vice presidente di APOI, ho contribuito a scrivere il codice etico dell’Associazione che ogni associato deve rispettare e sottoscrivere, e sottoscrivo personalmente anche il codice etico dell’Institute of Challenging Disorganization (ICD code of ethics https://icdorg.memberclicks.net/code-of-ethics)
QUALI CONFINI DO ALLA MIA PROFESSIONE?
Uno dei primi punti in entrambi è: “Fornirò i miei servizi nelle aree in cui sono qualificato. Quando incapace o in mancanza di qualifica per adempiere ad una richiesta di servizio, mi sforzerò di raccomandare altri servizi o altri organizzatori qualificati e/o altre professionalità qualificate.”
Questo punto spinge ciascun P.O a definire il proprio concetto di limite nella professione e a considerare di avere delle regole da utilizzare anche nella comunicazione con il suo cliente.
Proprio per la particolarità della professione, è importante che definisca come professionista fin dove posso arrivare: nei casi di disorganizzazione cronica dove spesso si passano tempi molto lunghi insieme al cliente, uno dei rischi è di sconfinare nell’amicizia, nel diventare confidente. Spesso molti di noi hanno capacità che derivano da una formazione o da lavori precedenti: architetti, project manager, amministrativi, collaboratori domestici, counselor….solo per citarne alcuni.
È fondamentale essere sempre molto ben consapevoli di che ruolo abbiamo in quel momento e soprattutto per che cosa ci ha chiamato il cliente.
La definizione e separazione del ruolo serve a noi e serve al cliente, per evitare che nascano incomprensioni e malintesi su quello che possiamo o non possiamo fare come P.O e di conseguenza definire i confini entro i quali il cliente trova sicurezza e professionalità.
COSA FARE O NON FARE
Nella riflessione e definizione dei nostri confini dobbiamo decidere se accetteremo offerte di cibo o bevande; se useremo il bagno; se ci faremo carico di spostare scatole o mobili e se sì fino a che punto; se lavoreremo in case dove ci sono armi; se abbiamo allergie ad animali, come ci comporteremo; se accetteremo di lavorare con più di una persona contemporaneamente e se si, quali sono le regole di cooperazione che ci daremo; se accetteremo regali; come ci comportermo con oggetti personali preziosi o fragili; se venissimo a conoscenza di situazioni mediche o finanziarie delicate: come ci comporteremo?….
L’elenco continua, perché i casi e le situazioni sono sempre diverse e il numero delle domande da porci può andare avanti all’infinito.
È per questo che, quando parlo con persone che vorrebbero iniziare a fare questo lavoro, a volte mi sento dire: “non pensavo che fosse così serio!”. Come dicono gli americani: è un lavoro dannatamente serio!
E adesso, ci diamo un abbraccio o una stretta di mano?
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