South Working: un nuovo modello di organizzazione sostenibile delle persone
A maggio 2020 la nota rivista “The Economist” ha pubblicato un’inchiesta dal titolo evocativo “Working life has entered a new era“, in cui si parlava di BC (before coronavirus) e AD (after domestication). In particolare si stima che sarà molto difficile tornare all’era BC (before coronavirus) perché si sta creando una nuova visione del lavoro: da un lato i datori di lavoro hanno rilevato un risparmio sui costi, dall’altro i lavoratori hanno raggiunto in alcuni casi l’equilibrio vita privata/lavoro (cd. work life balance). Tutto ciò porterà secondo una studio americano a far diventare lo smart working una formula di lavoro permanente almeno per il 40% delle imprese.
In Italia, se da un lato lo smart working è un fenomeno che ha avuto una crescita esponenziale a causa dell’emergenza causata dalla pandemia di Covid’19, dall’altro non sempre ne ha assunto le reali connotazioni, trattandosi a volte di uno spostamento “forzato” del lavoro dall’ufficio a casa.
Secondo i dati dell’ultima edizione dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano gli italiani coinvolti dalla modalità di lavoro agile sono 6,58 milioni, oltre dieci volte più dei 570mila censiti l’anno scorso.
Ciò naturalmente ha portato delle conseguenze importanti nella vita lavorativa e quotidiana delle persone fornendo, tuttavia, anche la possibilità per alcuni di rilevare una inversione di tendenza sui profili territoriali e organizzativi del lavoro.
In particolare, un gruppo di giovani palermitani ha deciso di dare un nome di “South working” al fenomeno generatosi durante l’emergenza del coronavirus e attualmente in corso, ovvero la possibilità di lavorare da sud per aziende del nord Italia (ma anche studiare in Atenei del nord restando a casa propria).
I ragazzi hanno ideato una organizzazione no-profit che è un progetto di Global Shapers Palermo Hub, per studiare il fenomeno dello smart working localizzato in una sede diversa da quella del datore di lavoro, in particolare dal Sud Italia, con i suoi pro e contro, ma anche per aiutare lavoratori che vogliano intraprendere questa modalità̀ di lavoro e formulare delle proposte di policy in questo campo.
Questo periodo di emergenza sanitaria ha costretto il mondo del lavoro a livello globale a fare i conti con il lavoro a distanza e il lavoro agile e sicuramente questa visione positiva del South working apre una riflessione su temi che per il professional organizer sono fondamentali da sempre, ovvero da un lato che il benessere organizzativo di una persona è strettamente collegato alla qualità della vita privata e lavorativa di ognuno e che dall’altro che il work life balance è sempre di più legato all’organizzazione che una persona sceglie di darsi quotidianamente.
Dall’analisi della situazione attuale nascono, quindi, alcuni utili spunti di riflessione per i south workers che vogliano organizzare al meglio il loro lavoro soprattutto quando viene a mancare l’alternanza casa – ufficio (università per gli studenti).
- Lo spazio assume un ruolo fondamentale nelle dinamiche del lavoro quotidiano e diventa ancora più rilevante trovare il luogo adatto per lavorare in casa (il south working è dunque un tema non solo geografico ma anche di spazio fisico)
- Il tempo di lavoro diventa un tutt’uno con il tempo della casa e della famiglia e questo, spesso, pone l’accento sulla necessità di darsi tempi di lavoro efficienti ed efficaci e concedersi le giuste pause.
- La rottura del paradigma del lavoro (o dello studio) fuori sede diviene un motivo per creare nuovi obiettivi e routine lavorative senza perdere di vista il mondo aziendale (universitario) nel complesso ma guardando a questa opportunità nata da una pandemia globale come un fiore nato per dare un dono anche a quelle terre che hanno visto da sempre la perdita e molto poco spesso assistono al ritorno dei loro figli.