Da quiet quitting a happy quitting: con un po’ di organizzazione è possibile!

Leisure sickness in vacanza, back to work blues al rientro in ufficio… great resignation e quiet quitting nel corso dell’anno: e se le ragioni di questo malessere diffuso, e le relative soluzioni, fossero da ricercare e potenziare nella persona a tutto tondo, invece che in modo isolato nei contesti lavorativi e/o personali? Le competenze organizzative dell’individuo gli consentono di gestire e godere di ogni situazione, per un benessere come stato di essere da apprendere e allenare, a prescindere di ciò che accade intorno. L’happy quitting è possibile, investendo sull’organizzazione personale.
Possiamo considerare chiuso il capitolo vacanze per la gran parte degli italiani, ora alle prese con il rientro al lavoro. Freschi e rigenerati? Non esattamente: molti hanno infatti sperimentato la leisure sickness syndrome, la malattia da tempo libero. E se in vacanza ci si ammala, il rientro al lavoro rimette tutto a posto? Purtroppo no, perché si innesca un’altra sindrome, quella dei back to work blues, l’ansia di rientro al lavoro.
Ecco serviti i presupposti per il quiet quitting, tradotto letteralmente “l’abbandono silenzioso”, evoluzione meno visibile ma non meno importante del fenomeno delle “grandi dimissioni”. Ma di cosa si tratta esattamente?
Cos’è il quiet quitting?
Nella pratica, si traduce nella scelta dei dipendenti di eseguire il minimo indispensabile previsto dalle proprie mansioni e dal proprio orario di lavoro, facendo quello che in via informale viene chiamato “minimo sindacale” o il “farsi cadere la penna”, con evidente accezione negativa.
Il quiet quitting è un fenomeno più insidioso delle grandi dimissioni, perché non ha un impatto immediato e identificabile: la risorsa è ancora in forze, ma col freno a mano. Demotivazione, desiderio di fare il minimo indispensabile per tenersi il posto, con un impatto devastante sul singolo che non trova più appagamento nel lavoro, e al contempo molto pericoloso per le aziende che si ritrovano con risorse insoddisfatte, che lavorano passivamente “per portare a casa lo stipendio”.
Quali sono le cause del quiet quitting?
Tra le cause, il burn-out, il sovraccarico di lavoro e la mancanza di limiti (sia in termini di orari, che di ruoli e di obiettivi) giocano un ruolo fondamentale. Le ragioni di questo fenomeno vanno anche ricercate nella cultura aziendale, ancora sorprendentemente diffusa, di voler le persone “a disposizione”, che vede il tempo di lavoro e la performance legati a doppio filo, innescando di conseguenza meccanismi premianti per i “fedelissimi”. Le persone, spesso sopraffatte e non comprese, quando non hanno i mezzi per fare scelte più radicali come rinunciare al lavoro, si privano dell’affermazione personale pur di “salvaguardare” le proprie energie e il proprio equilibrio, evidentemente messo a dura prova, e lo fanno tirando i remi in barca.
L’organizzazione personale come antidoto al quiet quitting
Ma è solo colpa dell’azienda? Certamente no. La responsabilità di gestire le proprie risorse esauribili è sempre del singolo. L’azienda, fatta anch’essa di individui, può creare quello spazio prezioso in cui far germogliare le competenze organizzative e manifestare senza vergogna il bisogno di ritmi e schemi più umanizzati.
L’organizzazione personale è la base per aiutare le persone, da un lato, a non cadere in questa trappola, e le aziende, dall’altro, a evitare che i propri dipendenti si rifugino nel quiet quitting. Da dove cominciare?
Ascoltare e prendere atto dei bisogni reali
Innanzitutto è fondamentale l’ascolto, nel suo senso olistico di “osservazione a 360 gradi” della persona: cogliere i segnali deboli, ascoltare esigenze e difficoltà in ambito lavorativo ma anche personale e dare spazio alla giusta elasticità che consenta il controllo della vita privata, oltre che professionale. Un dipendente con una base casalinga e familiare oleata e funzionante sarà molto lieto di poter coltivare la propria crescita professionale, così importante per la realizzazione di vita.
Abolire il culto dell’affaccendato
Indispensabile, inoltre, un cambio di cultura sul legame deviato tra ore trascorse in servizio (ufficio o online) e performance. Spesso le persone hanno situazioni familiari molto complesse e sofferenti di cui non mettono a parte l’azienda per paura di essere etichettati come lavativi o menefreghisti, se non addirittura “pesanti”. È giunta l’ora di mettere fine a questa consuetudine.
L’organizzazione nella definizione dei limiti
L’organizzazione personale è fondamentale anche nel delineare i confini, intesi come definizione oggettiva di compiti e obiettivi: il sapere dove si sta andando, fin dove arrivare, chi fa cosa, riconoscere le questioni indispensabili e urgenti e quelle pianificabili nel tempo aiuta a raggiungere un punto d’arrivo, molto più soddisfacente di quel senso di incompiutezza e di perenne emergenza in cui molte persone vivono h24.
Da quiet quitting a happy quitting
Acquisire dei metodi di gestione dello spazio e del tempo, così come ideare strategie per il buon vivere, in ufficio e in famiglia, è la base di un fenomeno positivo, che possiamo chiamare happy quitting: ho completato gli obiettivi della giornata, ho un senso di appagamento e soddisfazione grazie a quello che ho realizzato, posso “lasciare” (quit, appunto) l’ufficio in serenità sapendo che a casa troverò un ambiente accogliente, un programma pianificato che non lascia spazio allo stress della gestione casuale delle attività domestiche e della famiglia e che avrò anche quel momento di pausa rigenerante che so essere indispensabile per vivere con lucidità e leggerezza.
Work-life balance al centro
In questo contesto, un ruolo fondamentale è giocato dal work-life balance e dalla capacità delle persone di saper riconoscere i propri bisogni e organizzare le proprie risorse, in ottica di risparmiare tempo ed energie. Come spesso ripetiamo, le competenze organizzative sono degli strumenti che possono essere applicati in contesti molto svariati: gestire la casa come una piccola azienda ha il risvolto di dare alla persona le skills per gestire bene anche le proprie risorse in contesto professionale.
Benessere come stato di essere
È ormai palese che il benessere e il relax non sono strettamente correlati al viaggio o alla vacanza tout court. “Non vedo l’ora di tornare al lavoro!” è una frase tanto comune nelle spiagge affollate tanto quanto “Non vedo l’ora di andare in vacanza” negli uffici prevacanzieri.
Si afferma sempre di più il principio secondo il quale il relax e lo stato di benessere non dipendono da dove si è, con chi, o dalla bellezza del posto (da fattori esterni, quindi) ma interni all’essere umano, come la capacità di autoregolarsi, di darsi degli obiettivi prima, durante e dopo, di aver chiuso dei cerchi, così come aver fatto una pianificazione realistica a casa e al lavoro per tempo.
Gli esperti dicono che è sufficiente mezz’ora di tempo di totale immersione in sé stessi (sia uno sport, un hobby o anche il puro stare nel presente senza uno scopo preciso) per riequilibrare la reazione allo stress. Una migliore gestione del tempo (personale e lavorativo) e degli spazi (di casa o ufficio) permette di ritagliarsi questa bolla preziosa dove fermarsi, rigenerarsi, fare germogliare idee e intuizioni di vita.
Come spesso noi professional organizer diciamo: è nel momento di maggior confusione e stress che è necessario fermarsi e prendere fiato, anche se verrebbe naturale l’opposto.
Sempre più aziende adottano misure a beneficio dell’organizzazione personale dei loro dipendenti: una risorsa serena a casa, in famiglia, nella gestione di figli e anziani è un dipendente che non vede l’ora di mettere a disposizione le sue risorse e la sua preparazione nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.
La proposta di Organizzare Italia nell’ambito della conciliazione di vita privata e lavoro è il collegamento mancante tra il bisogno dei dipendenti di competenze e semplificazione e la volontà delle aziende di offrire loro un supporto concreto nella gestione della complessità della vita quotidiana.
Contattaci per conoscere la nostra proposta in ambito work-life balance per le aziende: sabrina@organizzareitalia.com
